Il Sogno Pacifico

Stati Uniti nel 1846

Nei primi anni del 1840 tutto il territorio della California era di proprietà del Messico, che all’epoca estendeva i propri confini a Nord attraverso la California, il Nevada e lo Utah fino all’Oregon, e a NordEst inglobando Arizona, Colorado, New Mexico e parte del Texas. Il Texas, appunto, era territorio messicano sul quale, però, un gruppo di coloni americani aveva costituito una repubblica indipendente che desiderava l’annessione agli Stati Uniti. Tale annessione, per anni trascurata dagli USA, era però un allarme alla guerra più volte manifestato dal Messico, che non riconosceva l’indipendenza del Texas e che desiderava invece di recuperare la provincia “in subbuglio”. Nel 1845, nel suo ultimo giorno di carica, il presidente americano John Tyler accetta l’annessione del Texas rendendolo quindi il 28° stato, seguendo la politica di espansione del Stati Uniti sancita nella “dottrina Monroe” che sostanzialmente prevedeva:

- il controllo diretto di tutto il continente americano (“L’America agli Americani”);

- nessuna interferenza europea sui territori americani;

- nessuna interferenza americana sui conflitti europei.

Tale annessione prevedeva lo scatenarsi della guerra con il Messico, il cui obiettivo sarebbe stato l’appropriazione della California e degli altri territori dell’ovest. Gli USA dovevano avere un porto sul Pacifico, per poter meglio affermare il proprio commercio con l’Asia, in costante crescita, e le continue influenze Inglesi lasciavano temere un possibile atto di colonialismo presso quelle terre così preziose.

Nel 1845 gli Stati Uniti inviarono un proprio diplomatico, John Slidell, in Messico, nel tentativo di ottenere una annessione “pacifica” della California e del New Mexico da parte degli USA in cambio di più di 30 milioni di dollari. Poiché però il diplomatico non venne nemmeno ricevuto dai messicani (a causa dei movimenti militari nella provincia texana occupata contro la volontà del Messico) questo atteggiamento risultò offensivo per il neo presidente americano James Knox Polk al punto dal giustificare la guerra. Mentre era in corso la richiesta di guerra al Congresso, alcune forze messicane si muovevano nel territorio texano oggetto della disputa, e attaccarono una truppa americana uccidendo undici soldati e catturando il personale di alcuni distaccamenti presso il Rio Grande. La dichiarazione di guerra formulata da Polk recitava:

“(…)per aver invaso il nostro territorio e versato sangue statunitense sul suolo statunitense”.

Tale dichiarazione, sebbene portò ad un voto positivo per la stragrande maggioranza del Congressisti, accese invece forti dubbi su un probabile disegno deliberatamente organizzato dal presidente Polk al fine di ottenere la guerra. L’allora neo-deputato liberale Abraham Lincoln chiese ufficialmente che il presidente fornisse l’esatta posizione di dove questo “sangue statunitense” fosse stato versato, ma i tempi erano ormai troppo veloci per poter soltanto immaginare ad un ripensamento, e la risoluzione di Lincoln venne ignorata.

Il 13 Maggio 1846 venne dichiarata la guerra al Messico. Quest’ultimo non era pronto per sostenere una guerra contro gli Stati Uniti, che lo superava in termini di dotazioni militari, risorse e motivazione dei soldati, regolarmente pagati. Il governo americano inviò immediatamente truppe ad occupare la California e il New Mexico, mentre il generale Taylor continuava la sua azione militare scendendo dal Texas nel cuore del Messico. Altre truppe inviate via mare raggiunsero la costa messicana, e aiutati da sovvertitori e spie messicane giunsero a Città del Messico, che venne occupata. Il 2 Febbraio 1848 la guerra si concluse con il trattato di Guadalupe-Hidalgo, con il quale il Messico cedeva agli USA i territori dell’ovest in cambio dei costi di guerra sostenuti, ovvero 18.250.000 dollari. Negli Stati Uniti cresceva un forte sentimento patriottico e di unità, sebbene lo scontro fosse stato osteggiato da molti stati del Nord che volevano impedire l’espansione di una confederazione di stati del Sud, tutti sostenitori della schiavitù.